venerdì 9 ottobre 2015

HO TRENT'ANNI: SUVVIA, PARLIAMONE.

Se c'è uno straccio di genetliaco che val bene una citazione sul blog, beh, è questo: domani avrò trent'anni, cifra tonda.

Il che dovrebbe far paura, e invece no, perché la mia crisi l'ho già avuta ai ventisette - l'anno in cui ho capito che, nonostante il tesserino, sarei comunque stata troppo vecchia per le riduzioni agli universitari - e adesso son qui bella paciarotta. Io odio festeggiare i miei compleanni (credo abbia a che vedere con il mio disturbo da ansia da prestazione) e quest'anno non sarà l'eccezione alla regola: niente party alla Grande Gatsby in casa Pelliccia, ma se volete farmi gli auguri (e i regali, razza di poracci!) sono sempre ben accetti.

Tuttavia, nonostante questo mio generale distacco e poco entusiasmo per la celebrazione dell'avanzare della mia ormai veneranda età, beh, direi che l'avvenimento spinge a una riflessione: insomma, trent'anni non sono il momento perfetto per fare tutte quelle cose del tirare le fila, mettere punti e darsi nuovi obiettivi? Non sono il momento perfetto per i punti sulla situazione, i programmi per il futuro e la definizione di cosa è veramente importante nella vita?

Sì, i trent'anni sono il momento ideale per mettere in cantiere un sacco di progetti interessanti: incominciare a bere acqua detox, per esempio, e passare dalla crema idratante a quella antirughe perché non possiamo più tardare la presa di coscienza dell'esistenza delle malvagie rughe naso-labiali e del fatto che nessuna di noi rimarrà immune a lungo.
Sarà il caso di piantarla con le letture da ragazzina e fare l'abbonamento annuale  a Vanity Fair, sia mai che arrivi il momento buono per imparare a vestirmi come una signora, non più come una signorina.
L'impegno concreto che voglio prendere per l'arrivo dei miei trent'anni, e lo dico pubblicamente davanti a tutti voi, è quello della crema anticellulite, perché va bene la corsa, va bene la Kayla Itsines e l'acqua con l'alga spirulina, ma qua è arrivato il momento di tirar fuori l'artiglieria pesante e affrontare la mia peggior paura, che si riflette nell'immagine di una me, nuda e tremante una mattina di gennaio, nel freddo della bruma, a spalmarmi roba color fanghiglia stando attenta a eseguire movimenti circolari esercitando una pressione costante.
Forte del fatto che, insomma, quando uno ha trent'anni diventa assolutamente giustificato l'utilizzo di espressioni quali "ai miei tempi" o "quando ero giovane", la vecchiezza diventerà non solo autorizzata ma per me motivo di vanto: diamo quindi un caloroso benvenuto alla copertina il venerdì sera e alla coca cola all'aperitivo quando la sera prima si è esagerato; le serate più divertenti saranno quelle in cui potremo ricordare i bei vecchi tempi all'università, da cui ormai ci separano i secoli, con toni nostalgici, tracannando birra. Lo so, lo so che a trent'anni si dovrebbero perdere le brutte abitudini e cominciare a trattare il nostro corpo per quel tempio che è, ma vi ricordo che io ho già intenzione di fare lo sforzo con la crema anticellulite. Una cosa per volta.

Altre cose importantissime da fare prima che arrivi domani: procurarsi un ombrello con cui andare in giro senza provare vergogna (no rosa, no pois, no fru fru, NO HELLO KITTY); aprire un fondo pensione che, ok, mi avete convinto, non si sa mai; togliere dal curriculum quella voce che lascia ad intendere che sappia parlare vagamente tedesco, ho smesso di studiarlo dodici anni fa, farsene una ragione; fare una compilation su Spotify di sole canzoni italiane anni 90 da ascoltare mentre stiro (sono naturalmente compresi Nek, Syria e i Dirotta Su Cuba, Massimo Di Cataldo no.); buttare via i tesserini dell'università che riportano una me diciottenne veramente poco credibile ormai, cosa che avrei dovuto fare già ai ventisette, ma non ho fatto perché ero troppo depressa; smetterla con lo shopping compulsivo, ho bisogno di pochi capi che mi valorizzino (AHAHAHA *risate fuoricampo*); programmare un viaggio fighissimo; imbottirmi di VivinC perché iniziare i miei trent'anni con gli acciacchi, grazie ma anche no.

Sono stanchissima. Per i prossimi buoni propositi, mi sa che ci vediamo ai quaranta.



domenica 4 ottobre 2015

SHOPPING SENZA FRONTIERE: DEPOP.

A volte, anche in una città come Milano, lo shopping è una pratica difficoltosa. Indirizzi sbagliati, orari d'apertura da medioevo, impegni lavorativi e un sistema metropolitano inefficiente ci conducono troppo spesso a optare per la scelta più ovvia e più semplice, ovvero Zara. Zara, per coloro a cui piace vincere facile.

Il mese scorso cercavo una cintura un po' gioiello da abbinare all'abito per il matrimonio del primo (e unico) tra i miei cugini a cui non sono venuti eritemi in faccia al solo sentir menzionare la parola "confetti". Non che ci avessi pensato io,onestamente, ma di fronte al mio allegro abito pantalone blu notte abbinato con accessori neri, Madre e zie timidamente mi hanno suggerito l'idea di dare un po' di luce al mio abbigliamento funereo con qualcosa che fosse un po' meno creepy e magari intonato alla clima di giuoia della serata imminente.

Quindi volevo una cintura a vita alta, sottile, magari colorata, magari con delle pietre. Piena di buone speranze, sono uscita di casa e mi sono aggirata per il mio quartiere, Isola, il quale letteralmente pullula di negozietti vintage e second hand, vuoi che non riesca a trovare qui la cintura che mi aggrada? E infatti. Al che, amareggiata e con un culo più pesante di una sporta di mattoni, l'ideona: cià, ma proviamo a vedere cosa trovo su Depop.

Depop (ma molto tempo prima che vi approdassi io si chiamava Garage) è una specie di mercatino dell'usato virtuale in cui blogger, shopping compulsive e chiunque altro vende-compra-scambia in un ambiente relativamente protetto. Non so come né quando né perché, ero iscritta ab illo tempore senza mai degnarmi di usarlo, fatto sta che l'app campeggiava tronfia con il mio profilo intonso sullo schermo dell'Iphone.

Da vera vecchia quale sono, ho sempre titubato sugli acquisti on line, in primis per una questione di anziana malfidenza (ma sarà mica una truffaaaaaa?), e in secondo luogo perché l'idea di acquistare senza vedere-toccare con mano e soprattutto provare mi genera un po' di ansia. Eppure come si sa, a mali estremi occorrono rimedi estremi, perciò, senza grandi aspettative, mi sono messa a spulciare in cerca della cintura perfetta e... tadaaaan!  Contro ogni aspettativa, eccola lì la mia cintura, un gioiellino targato Armani primi anni 90 in raso nero e cristalli, ammiccante dallo schermo e, destino dei destini, DELLA MIA MISURA!

Luccica e sta almeno dieci centimetri sopra l'ombelico... perfetta direi!

E' stata un'escalation dalla potenza inarrestabile di una slavina: intanto ho pensato, se compro perché mai non dovrei anche vendere, e far fruttare così tutti quegli ingombri vestitiformi che sono sopravvissuti al ciclone Marie Kondo solo per rimanere un'altra stagione a campeggiare nel mio armadio?
Naturalmente, prima ancora che avessi deciso anche solo vagamente cosa mettere in vetrina, avevo di nuovo acquistato un paio di occhiali da sole, introvabili nel colore che mi piaceva in tutto l'interland milanese.

Ciao Me-Tro Spektre Blue Mirror, vi ho desiderato tanto, non lasciamoci più.

Questa è la prima difficoltà di Depop: mantenersi razionali. C'è tanto ciarpame naturalmente, tante cose che semplicemente non interessano, ma trovi anche pezzi meravigliosi, introvabili, desiderati, il più delle volte a veramente poche manciate di euro o comunque a prezzi vantaggiosi rispetto a quelli dei negozi fisici. E la tentazione è forte, perciò è necessaria l'autodisciplina: io mi sto creando una sorta di wishlist di oggetti che mi piacciono, e ho deciso che comprerò man mano che, vendendo, me lo potrò permettere. In questo modo non divento povera e tengo fede al mio proposito di non sovraccaricare l'armadio. Al momento sono a tre acquisti e ho una wishlist chilometrica che comprende una gonna di Lazzari adorabile con le taschine a forma di mela, una pochette rosso fragola American Apparel, scarpe improbabili e un'insegna rotativa al neon (?).

No, ma non mi sta prendendo la mano.

Se gli acquisti vanno alla grande, delle vendite posso giusto non lamentarmi: Depop ha solo confermato un sospetto che avevo già da tempo, ovvero una scarsa propensione da parte mia per gli affari. Se il mio approccio verso quello che voglio comprare è mi piace - pago - prendo, quello del 90% del resto del mondo è forse mi piace ma vorrei le foto anche del buco del culo - ti chiedo le misure precise al millimetro - che composizione ha? - vorrei vederlo indossato - ho gli sbatti però giuro ti pago - ho problemi con PayPal - ho problemi con Postepay - mi è affogato il pesciolino rosso e non ho potuto ricaricare - ma mi fai lo sconto? - le spese di spedizione non te le voglio pagare - scambi? 
Ci sono persone con cui si arriva a scambiarsi i dati del pagamento e poi spariscono. Letteralmente. Nel nulla.
Altre fanno proposte assurde.
Tutti hanno problemi. E tutti (tranne me) sono bravi a chiedere gli sconti.

Anche su Depop la differenza tra la gente figa e me è lampante, e il fattore discriminante non è tanto quello che proponi quanto - scopertona -  come lo fai. Ho capito che la qualità migliore nel mondo contemporaneo è la capacità di fare foto decenti. E avere una casa adeguatamente illuminata.
Io devo ovviamente fare tutto da sola, ho chiesto una volta una foto a Il Pelliccia e ciao. Ragazzi, faccio quello che posso, davvero: spesso ho paura che il portinaio passi sul ballatoio e mi becchi in mutande in piedi sul tavolo a fotografare un foulard. Il risultato sono sempre foto sovraesposte, sgranate, con me che cerco goffamente di nascondere il fatto che sotto quell'adorabile giacchina che sto cercando di propinarvi, ho un pigiama  con la faccia di Pluto.

Qualche informazione per le vecchiacce malfidenti come me: 
è sicuro? Con un po' di buonsenso annesso, direi di sì. Ovvio che ci sono le fregature, tipo gente che cerca di rivenderti cose che troveresti a molto meno direttamente in negozio o ciarpame inguardabile. Tendenzialmente però, il fake è controllato, punito e castigato, e pagando direttamente tramite il sito hai anche diritto a una tutela in caso di acquisto di merce non conforme a quella pubblicizzata (leggi, truffeeeeeee). Da parte del venditore, i soldini ti arrivano direttamente sul tuo conto PayPal e se la merce che hai spedito per un qualche motivo viene dirottata in Perù interviene Depop che ti rimborsa. 
è conveniente? Sì, no, dipende. Devi stare attenta a cosa stai cercando, valutare le proposte ed essere veloce. Perché è ovvio che se c'era un'occasione, te l'hanno appena soffiata sotto il naso. La buonafede è alla base, ma non passate per coglione: ovvio che certe cose non le regala nessuno, ma prenderle di seconda mano per risparmiare un pulcioso euro anche no. Fate cinque minuti di ricerca su internet e siete in grado di capire se ne vale la pena o conviene girare da un'altra parte.
è lucroso? AHAHAHAHA. Se pensate di fare i soldi con Depop, CIAO. Il mercato è saturo, e ci sono già le leonesse a detenere il posto fisso in Home page. Accontentatevi di ricavarci la paghetta e di avere l'occasione di disfarvi di pezzi che tenete nell'armadio a fare la muffa da ormai troppo tempo.
è davvero interessante? SI'. In mezzo al ciarpame c'è la possibilità, per chi ha la tenacia del cane da tartufo, di trovare pezzi veramente unici: c'è del vintage, ci sono oggetti del desiderio andati sold out ovunque, il fatto a mano, le edizioni limitate del recente passato, o semplicemente oggetti che covavi da tempo ma che non ti era mai riuscito di trovare nelle tue solite frequentazioni.

Turbante fatto a mano, il brand si chiama S L O W L Y e crea dipendenza.

Vi ho convinte? Ci vediamo su Depop? E allora vi smarchetto subito il mio account che certamente è lagianni85: va bene, le foto fanno cagare, è vero, l'ho infarcito di puttanate di Zara, ma i prezzi cercano di essere onesti e non vi faccio pagare le spese. E poi dai, l'insegna rotativa in cucina mi serve davvero.

Ma vi immaginate le minchiate che potrei scriverci?!



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