venerdì 31 ottobre 2014

C'HO L'ANSIA

Quanta amarezza, è Halloween e non mi vesto. Se ripenso all'Halloween dell'anno scorso, divento triste. Vabbè, è perché oggi c'ho l'ansia.

Ci sono le giornate così, le giornate da c'ho l'ansia. Tipo switch della personalità, il giorno prima sei tutta zompettante e tronfia e il giorno dopo ti svegli alla mattina che non respiri bene e hai questa sensazione di non farcela, di non sapere fare troppe cose, e che forse hanno riposto fiducia nella persona sbagliata perché io non sono abbastanza esperta-abbastanza in gamba-abbastanza sveglia e altri abbastanza abbastanza abbastanza per fare quello che mi viene richiesto.

Il fatto è che ho cambiato lavoro, lo sapete tutti. Ho cambiato perché sì, era l'occasione giusta nel momento giusto in cui stavo cominciando a smaniare nelle vesti strette del vecchio lavoro e allora anche se me la facevo dentro e non ero sicura di farcela e mi prendevo la mia dose di rischio ho detto SI'. Sì, mille volte sì, e lo direi altre mille volte. Sì perché mica si può rimanere indietro per paura, questo mai. Piuttosto strafarsi di valium per tenere ferme le vene, logico.

Ho detto sì, e tutti mi avete detto BRAVA. Avete detto che era la scelta giusta e che io potevo farcela. Amici io vi credo, se lo dite voi.

Per tutta la vita ho avuto intorno gente che mi diceva BRAVA. Ero brava a scuola, poi brava all'università, ho avuto chi credeva in me anche in un laboratorio in cui mi sentivo scomoda come dentro a un pigiama di lana che pizzica -ma io ancora non ti credo, professor Landini, doveva esserci sotto qualcosa a quella borsa di studio-. Insomma, tutto bello e incoraggiante ma sai cosa ti monta dentro quando va così? L'ANSIA. Perché se tutti pensano che sei brava e poi non lo sei, è un casino. Paura apocalittica di infrangere aspettative come patelle sul lungomare di Jesolo.

Una volta una psicologa del lavoro mi ha detto che il mio tallone d'Achille è l'incapacità di vivere serenamente l'insuccesso. Ora, io ancora oggi mi chiedo chi mai in questo triste mondo possa vivere bene un insuccesso, ma tant'è, forse io esagero quel tantino. Qualche sera fa mi sono trovata in pigiama alle tre di notte a pedalare come una pazza perché nel bel mezzo della fase REM mi era venuto l'atroce dubbio di non aver chiuso bene una finestra. Per dire.
Comunque sì, è vero, ho una paura folle di sbagliare. Ho paura di deludere. Ho paura che la gente pensi "alla fine, non era brava come pensavamo". Ho incredibilmente paura di non essere abbastanza.

Ora, grazie a chi mi dirà che non è vero, che sono tanto tanto brava e che vedrai che ce la farò. Grazie. Domani probabilmente tornerò a crederci anch'io. Ma oggi, oggi mi faccio di valeriana.

sabato 25 ottobre 2014

FIGLI DELLE STELLE E ALTRI ANIMALI

Sono a casa tutta sola senza Pelliccia a meditare un assassino shopping pomeridiano, e mi chiedo come sia possibile che nella mia libreria di iTunes campeggino ancora canzoni come Vai con lui di Masini.

Parliamo di musica.

Vi ricordate i tempi del liceo, quando se conoscevi qualcuno non stavi a chiedere come ti chiami-quanti anni hai-cosa vuoi fare nella vita ma solo che musica ascolti? Orcoboia, one shot, una sola possibilità di far bella figura, o sei fregato.
A me ha sempre messo ansia questa cosa del che musica ascolti. E' un po' come mi succede adesso quando si parla di politica con gli amici del Pelliccia. Tipo io che non capisco un cazzo ma faccio finta di sì e annuisco con aria intelligente mentre sotto sotto sudo e mi spremo le meningi nel tentativo di ricordare qualche nome sentito nella pubblicità di Piazza Pulita e considerazioni ascoltate durante l'ultimo pranzo in famiglia da spacciare per mie. Uguale.

Al liceo avevo una personalità scissa. Cioè, mi piaceva andare al Celebrità il sabato sera, ma a scuola avevano tutti i rasta, perciò ascoltavo i Punkreas. Ad un certo punto però, superato diciamo il terzo anno, anche i Punkreas erano troppo da sfigati dai. La gente intorno a me cominciava ad ascoltare roba sconosciuta di cui non ricordo neanche un nome. L'ansia. Io di nascosto  andavo a San Siro a vedere i concerti di Ligabue. Ma non lo dicevo a nessuno. Anche perché se cedevi e ti sbottonavi l'effetto domino poteva essere devastante: le tue amiche compagne di classe ti sputtanavano oltre i muri del liceo e all'improvviso ti trovavi a doverti giustificare con quelli fighi dello scientifico. Aggrappata agli specchi, la spacciavi come una debolezza che in realtà era una peculiarità della tua personalità complessa, la quale trovava sfogo in musica di scarso spessore dalla profondità intellettuale in cui nuotavi agilmente, un po' tipo il luminare universitario che si sposa con la soubrette perché ha bisogno di respirare leggerezza. 

Vi ho convinti, no? 
Li convincevo tutti, e infatti poi ne volevano sapere di più, interessati da questa mia poliedrica ed ispirata visione musicale. Ahah. Nuotavo nella merda ragazzi. Sparavo nomi di gruppi alla cieca, cercavo di ricordare quello che si erano dette le mie amiche a pranzo sui riff di chitarra e altri demoni. Il più delle volte facevo figura di merda. Ma se facevo centro era peggio, perché la conversazione continuava. Che palle. 

Io non l'ho mai capito questo bisogno di categorizzare le persone in base alla musica che ascoltano. Cioè, non sono mai stata un tipo molto "musicale", se si può dire. Penso che lo scopo principale della musica sia quello di riempire gli spazi vuoti lasciati da altri: tipo io stamattina, che mi sveglio da sola e devo fare le pulizie di una settimana perché la casa sembra i bagni dell'Autogrill di Fiorenzuola a mezzogiorno del quindici di Agosto, e pertanto mi sento afflitta svogliata e sola, taaaaac, metto su un po' di musica di sottofondo.
Altri utilizzi utili della musica: fartela passare in autostrada (e qui avrebbero potuto esistere gli 883 e poi nessun'altro e sarebbe stato di gran lunga sufficiente), fartela passare mentre corri, ballare, fornire basi musicali per creare cori da curva alle partite di basket... Altro? Ah sì, generare rimpianti. Tipo l'altro giorno che mi viene in mente Magica Europa dei Kronos (sì, e voi muti, va bene?) ed è subito un "nooooooo ma ti ricordi che correva l'anno 2003 e andavamo a ballare tutti i weekend e c'era questa e bevevamo il gin lemon anche se faceva cagare e scroccavamo sempre le sigarette in coppia e te le davano pure, perché all'epoca il pacchetto costava tipo tre euro e cinquanta e... nooooo che bei ricordi". 

Vabbè insomma, oggi ho deciso che proprio non ho più orgoglio e faccio coming out con le canzoni che ci sono nel mio iPod e che a volte costringo il Pelliccia ad ascoltare in macchina. Senza vergogna, tanto ormai vi dico tutto.

Allora, Masini l'ho detto. Non si capisce bene il perché ma alla fine l'immagine di una lei che si asciuga gli occhi alla sottana mi fa sempre tanto ridere e allora per me è un sì.

Poi, le Spice Girls. E dire che nel '94 non le ascoltavo però adesso mi piacciono, e soprattutto esprimono concetti aderenti ai miei tipo if you wanna be my lover you gotta get with my friends. Che dire. Girl power.

C'è Oh Diana di Celentano e Paul Anka, perché mi piace che Diana arrivi alla fine della canzone e me la immagino tutta strappona e bionda che saluta un Adriano e un Paul vecchi con il suo "Ehi, ciao ragazzi". Diana una di noi.

Ho dei classici senza tempo tipo Tanz bambolina e Tell me why perché che vita sarebbe stata la mia senza i tamarri.

Ho Neunundneunzig Luftballons perché mi allena il tedesco che non mi ricordo più.

Qualche perla d'annata tipo Figli delle stelle, Amore disperato, Vattene amore, Maledetta primavera. Insomma, tutte quelle canzoni che tutti conoscete ma vi vergognate a tenere nella playlist, ecco io celo.

Ho i Pooh, i Pooh ragazzi!

Ammetto di avere anche ben due canzoni di Zarrillo perché dai son troppo fighe da cantare e poi mi sento molto vicina alla tizia con la rosa blu sul seno perché vittima del pregiudizio, un tatuaggio non fa di me una cattiva ragazza, girl power reloaded.

Ligabue a nastro, vabbè, perché ancora non ho smesso, anche se abbiamo un po' litigato nell'ultimo periodo e non ci amiamo più così tanto ma è una lunga storia e non è facile troncare così, quindi ok Liga, rimaniamo amici.

Ho un po' di quella roba che ti salva sempre il culo, tipo De Andrè, Guccini, De Gregori e compagnia, così posso far finta che Magica Europa e le Spice siano solo una ragazzata (risate preregistrate in sottofondo).

Gente, io ve lo giuro che nel mio iPod ho una (l'unica?) canzone dei Sonhora, e non mi vergogno a dirlo, e anche (e con questa la chiudiamo qua) la colonna sonora di Mulan, amici. Siate forti.

Ovviamente non è tutto, c'è molto di più e probabilmente anche di peggio ma insomma, tanto per iniziare. Solitamente non chiedo mai reazioni ai post perché uno, chissene, e due, lo so anch'io che sto parlando da sola o quasi, ma stavolta, dai, ditemelo: quanti di voi hanno le Spice nell'iPod? Quali sono i segreti più imbarazzanti che nascondete nelle cuffiette? Non lasciatemi sola.




martedì 21 ottobre 2014

COMMESSE, UNITEVI: IL GRIDO DI BATTAGLIA DELLA GIANNI

Oggi mi sento battagliera. Oggi è una di quelle giornate che, in potenza, mi verrebbe da bandire scioperi della fame nazionali, marciare alla testa di cortei, aizzare le folle con invettive appassionate e poi assaltare il Fosso di Helm e banchettare con gli Uruk-hai. 

Ci sono dei giorni che va così. Anzi, per la verità no, i giorni sono tutti uguali, è che ogni tanto salta fuori una qualche questione, un certo tal discorso, una frase qualunque buttata lì per caso, che ti fa montare dentro l'ira funesta. Tipo a me succede quando dicono che a Milano c'abbiamo solo la nebbia. Quando sento la pubblicità della LAV alla radio. Quando lo sveglione di turno mi fa notare che guarda! Hai un brufolo enorme! - ma dai, brutta testa di palta, se ci ho spalmato sopra otto chili di fondotinta e una mano di vernice è perché forse non mi faceva piacere che la gente notasse il mio brufolo enorme perciò ti ringrazio di averci acceso i riflettori sopra, grazie, grazie mille.

Insomma, facendola breve e tagliando corto con gli sproloqui, è successo che pochi giorni fa, una delle blogger che seguo con l'affetto che riserverei a cugine di primo grado e al barista che mi fa il cuore di cacao sul cappuccio, ha pubblicato un post. La blogger in questione è Valentina di Inspire with Grace, e ve ne avevo già parlato qui. Il post invece è questo e se vi va, leggetelo, è carino, è scritto bene e, se vi piace la moda, potreste trovarlo molto ma molto interessante.  Se non vi va di leggerlo, ve lo riassumo io in due parole, così posso andare avanti col discorso: il post gira tutto intorno all'equazione secondo cui to be a fashion blogger is the new fare la commessa. Ovvero, cestello raccoglimmondizia per tutti quelli che: non hanno voglia di studiare, non sanno fare nient'altro, vogliono un lavoro facile, *altri luoghi comuni a caso*. Insomma, zero competenze, zero preparazione, poco sbattimento e soldi facili. Con queste prerogative, una volta si andava a fare la commessa (o la parrucchiera, amiche, tiro in mezzo anche voi), adesso si fa la fashion blogger. Certo

Allora, Valentina fa la commessa. Come me e come tanti di voi, agenti, commerciali, rappresentanti, sailcazzo. Siamo tutti commessi, perciò fatevene una ragione. Punto primo.
Punto secondo: ci sono due modi per fare le cose, tutte le cose. Uno è alla cazzo. L'altro è per bene. Io faccio la commessa e lo faccio per bene. Ho deciso di farlo, dopo aver preso una laurea scientifica, per una serie di motivi che non voglio star qui ad elencare, ma che sicuramente comprendeva il fatto che a me questa professione piace. Ho detto professione, sì. Io sono una professionista, ho lavorato e lavoro con professionisti. Ho studiato, ho fatto la gavetta, mi sono fatta il culo quadro tra formazioni, workshop, trasferte, budget da raggiungere, obiettivi personali, obiettivi cumulativi, training e, non da ultima, quotidiana esperienza sul campo, a contatto con delle persone. Di età diverse, razze diverse, culture diverse, lingue diverse, con una concezione propria di desiderio, qualità, design, servizio, lusso.
Per questo, per tutto questo, mi girano i coglioni quando le persone che incontri ti chiedono "Che lavoro fai?" e alla tua risposta "La commessa" la loro reazione più coinvolta è "Ah", e conseguente repentino calo di interesse, perché se fai la commessa non sei nemmeno degno del tanto di buona creanza che spinge quantomeno a fingere di mostrare interesse per il proprio interlocutore. Mi girano i coglioni a palla quando se fai la commessa in una boutique di lusso, di certo non ti ammazzi di fatica. Oppure quando, con tanto di occhioni sgranati ti chiedono "oh, ma davvero lavori anche nel weekend/a Pasqua/a Capodanno/il giorno del battesimo di tuo figlio?". Dai.

Allora io, qui ed ora, con lo stendardo delle Commesse Unite che sventola dal balcone, voglio spiegarvi veramente cosa vuol dire fare la commessa:
vuol dire essere istruite, perché devi saper parlare con la gente, e non importa se loro sono avvocati e non sanno usare il congiuntivo, tu devi, e con eleganza devi anche fare finta di non notare il loro sefarei;
vuol dire essere formate, su diversi livelli, dai materiali, alle tecniche di lavorazione, alle caratteristiche meccaniche di certi prodotti, al know-how, alle influenze artistiche-storiche-geografiche delle collezioni, alla storia della moda;
vuol dire essere informate, sui competitors, sugli influencers, ma anche sulla situazione politica della Papuasia, ad esempio, perché una commessa lo sa che un aereo che cade in Malesia o una guerra in Medio Oriente possono avere ripercussioni devastanti sul proprio cassetto, pertanto essere una commessa
vuol dire essere in grado di pianificare, elaborare strategie di vendita, essere capaci di gestire in maniera intelligente nel tempo le proprie risorse, perché vendere può anche essere facile ma continuare a vendere, soprattutto in certe condizioni, può essere molto ma molto difficile;
vuol dire essere eclettiche, perché devi essere in grado di rapportarti (e vendere) alla principessa settenne della Birmania così come alla nonnina che dà fondo alla pensione per la laurea della nipote;
vuol dire essere multiculturali, la commessa sa quando cade la festa di Metà Autunno in Cina, quando finisce il Ramadan, sa che agli asiatici il biglietto da visita si offre con due mani e che i mediorientali trovano offensivo quando ci si congratula con loro per l'acquisto, che in Cina il bianco è il colore del lutto, un cappello verde è sinonimo di tradimento e che il nome proprio non va mai scritto con la penna rossa;
vuol dire essere competitive, perché gli obiettivi da raggiungere sono giornalieri, mensili e annuali, e vengono calcolati sul budget del negozio, sul proprio budget personale e su obiettivi qualitativi mirati;
vuol dire essere collaborative, perché gli obiettivi si raggiungono in gruppo, ma non passive perché si nuota in un mare di squali e bisogna stare a galla senza braccioli;
vuol dire saper gestire le emergenze, e per emergenze non si intende solo la cassa che smette di funzionare alle quattro del sabato pomeriggio o l'ascensore in blocco, ma anche tubi dell'acqua che esplodono tipo Niagara Falls, tentativi di furto, psicopatici in cerca di un momento di gloria, starlette incazzate, popstar di fama mondiale in abito di lattice che mandano in tilt l'intero centro città;
vuol dire parlare almeno due lingue ma tre è meglio;
vuol dire conoscere a memoria prezzi, misure, giacenze e arrivi perché il beneficio del dubbio è concesso a tutti, tranne alla commessa, perché di una commessa impreparata non si fida nessuno;
vuol dire sviluppare senso estetico, perché le persone si affidino a te come a una consigliera di moda;
vuol dire essere sempre impeccabili, dentro e fuori dalla boutique, perché rappresenti il marchio e può capitarti di incontrare una cliente al mercato di San Marco il lunedì, e se sei in tuta e scaramigliata non va bene né sei giustificabile;
vuol dire essere in grado di rinunciare ai weekend con gli amici, alle vigilie di Natale a preparare lasagne, ai ponti al mare, all'epifania, il carnevale, il 25 aprile, il primo maggio, il due di giugno, pasqua, pasquina e pasquetta a casa con la propria famiglia;
soprattutto, soprattutto, vuol dire essere sorridenti. Sempre. Sempre. Anche quando ti sei lasciata col fidanzato, anche quando il cliente è maleducato, anche quando, e alcune mie colleghe lo sanno purtroppo fin troppo bene, ti diagnosticano una brutta malattia e cominci a perdere i capelli e vieni in negozio con la parrucca. E non esiste cosa più difficile di questa, di essere sempresempresempre sorridenti.

La cosa buffa è che tutto quello che vi sto dicendo è di una banalità disarmante, perché è sotto gli occhi di tutti voi, tutti i santi giorni, al supermercato, al bar, al telefono, in lavanderia, in palestra. Siete continuamente a contatto con venditori, per la maggior parte svogliati, impreparati o semplicemente maleducati, tanto che la volta che incappate in un venditore bravo, che sa fare il suo mestiere, siete i primi ad essere felici come pasque e a sentirvi appagati.

Ora, al di là di tutta sta pappardella, sono perfettamente cosciente del fatto che di certo fare la commessa non è il lavoro più difficile del mondo. Tutti possono fare la commessa. Ma tutti possono fare il biologo, ad esempio. E lo posso dire, perché l'ho fatto. Scommetto che io, come tutte le persone mediamente intelligenti, avrei potuto fare senza grossi problemi anche la veterinaria, la fisioterapista, la contabile, la geometra, l'oculista o l'insegnante. Il punto sarebbe stato farlo bene. Ho scelto di fare la commessa. E ho scelto di farla bene.

giovedì 16 ottobre 2014

TUTTE LE MINI GIANNI CHE CI SONO IN ME

Tipo, c'è la mini Gianni Scrittrice, per esempio: quella che sogna di scrivere un libro da quando era in quinta elementare ma non le è mai venuta un'idea e allora, stanca di attendere un'ispirazione che non arriva, ha deciso di rimoderare i suoi sogni e vorrebbe, chessò, aprire una libreria, anche on-line. O fare la bibliotecaria.

Poi c'è la mini Gianni Donna in Carriera, quella dell'yes we can, che ancora ci crede che ha tutte le carte in tavola e che, lavorando sodo, piolo dopo piolo questa scalata ce la si fa, e si vede già in cima a sbandierare la bandierina del successo.

Tra queste due c'è poi la mini Gianni Mantenuta. Lei sta tutto il giorno davanti a Friendzone e Abito da sposa cercasi, non ha voglia neanche di abbassarsi quando le pizzica un piede e la vedi sempre in giro col pigiama di sei giorni e il vaso di Nutella in mano.

Mini Gianni Microbiologa ogni tanto cerca di metter fuori la testa e dire la sua, ma non ce la fa, purtroppo. Ha avuto un brutto shock qualche anno fa, quando le altre mini Gianni l'hanno dimenticata all'autogrill e da allora non si è mai più ripresa. Credo abbia i giorni contati oramai.

C'è la mini Gianni Ricca col portafoglio a ventaglio che sta tutto il giorno a litigare con la mini Gianni Povera, quella che tiene i conti e paga l'affitto.

C'è la mini Gianni Ecologista, ma esce poco di casa: quando si fa vedere chiude l'acqua mentre si lava i denti e si ricorda che le lattine vanno con la plastica e non con il vetro.

C'è la mini Gianni Snob che struccata non ci esce e lo smalto sbeccato è da poveri, però poi c'è anche la mini Gianni Trazzona, quella coi calzini bucati e le babbucce pelose.

Mini Gianni Polvere Di Stelle si veste solo di rosa, le piacciono i tutù e le formine dei biscotti a forma di cuore. E' amica di mini Gianno, un transessuale in cravatta e Clark's che ha una predilizione per i film splatter e che oltretutto è misogino.

Mini Gianni Intellettuale ha ultimamente prestato la sua collezione di Murakami a mini Gianni Vanity Fair, ma lei poverina non ha tempo di leggere, sta cercando di imparare a memoria tutte le domande del Trivial Pursuit per evitare l'ennesima figura barbina al prossimo pranzo di Natale. Non ce la farà mai comunque, è proprio tonta.

Mini Gianni Runner cerca di rassodare le chiappe di mini Gianni Culo Pesante, ma temo sia una battaglia persa in partenza.

Mini Gianni Cuor di Leone cerca di convincere mini Gianni Pecora che nessuno la mangerà se dovesse capitarle di chiedere informazioni agli uffici comunali o nel caso si perdesse in zona Lorenteggio e non sapesse più come tornare a casa.

In mezzo a tutto ciò c'è La Grossa Gianni -che sarei io- e che dovrebbe essere tipo il capo e tenere a bada le litigiose mini Gianni che albergano in lei, ma è difficile. Grossa Gianni non sa mai a chi dar ragione e a chi torto, non sa di chi si può fidare e chi dice la verità. E quindi rimane lì con l'espressione un po' gonza a barcamenarsi, tirata per le maniche da una mini Gianni o l'altra e, così, ogni tanto è stanca. Per dirla tutta, ogni tanto non si sente per niente in buona compagnia.

giovedì 9 ottobre 2014

MI SENTO IN DIRITTO DI ESSERE PRETENZIOSA PERCHE' DOMANI E' IL MIO COMPLEANNO

Beh, scusate tanto se domani è il mio compleanno e per l'ultima volta compirò gli anni col due davanti. Ve lo dico mentre mi mangio il muffin più brutto del mondo che mi sono autocucinata da sola, sfidando le più elementari leggi della fisica, nel tentativo di sollevarmi lo spirito dal pesante fardello dei trenta-meno-uno:


Sì, è cotto. No, non è un flashmob, ma potrebbe, e no, non mi son ispirata agli orologi sciolti di Dalì. E' solo che le mie inabilità raggiungono vette meravigliose, delle volte. E' qui che si nasconde il vero genio ragazzi.

Comunque, questo è un post ruffiano con lo scopo di: uno, risvegliare le vostre torpide menti che poi domani non voglio sentire scuse sul fatto che vi siete dimenticati di farmi gli auguri. E due: è il mio compleanno ragazzi, facciamo una wish list!

Mettiamola così, negli ultimi paio d'anni ho abbandonato il romanticismo fanciullesco che mi faceva desiderare la sorpresa e mi sono data alla compilazione di ben più pratiche wishlists che hanno tolto da gravi imbarazzi parenti e fidanzato (per non parlare della sottoscritta, ben felice di mettere le sue zampacce su prede altrimenti destinate a rimanere ad ammuffire nelle vetrine tristi).

Naturalmente non ho di certo mollato il colpo quest'anno, perciò è con trepidazione che aspetto la cena di domani sera quando scarterò il mio nuovo feticcio, aka la macchina da cucire (leggo del panico nei vostri occhi o sbaglio?), mentre alcuni di voi hanno già avuto il piacere di ammirare le mie nuove scarpette da corsa sull'Istagram (grazie Pelliccio! <3).

Diciamo con con la ciccia sono a posto. Tuttavia, se ci fosse qualcuno tra voi con il desiderio di rendere grazie alla Gianni per la compagnia ed onorarla nel suo quasi-trentesimo compleanno (sto giocando d'anticipo, l'anno prossimo farà meno paura così) e non sapesse proprio quali tra i tanti pesci che ci sono al mondo pigliare, ecco qualche velato suggerimento che potrebbe aiutare voi e fare irrimediabilmente contenta lei.

1/ NON SI SCHERZA UN CAZZO, LA GIACCA ANTIVENTO.
Perché i veri duri non mollano mai, e adesso che ho perfino le scarpette magiche del Pelliccia, correre d'inverno non mi fa paura. Come tutte le migliori vittime dello shopping compulsivo sconsiderato, a metà luglio avevo già guantini, paraorecchi e maglietta termica in previsione della lunga stagione invernale, ma mi manca l'antivento. Eventualmente, in un colore inaffrontabile, perché se c'è una cosa bella dell'andare a correre è che puoi vestirti come un evidenziatore Stabilo senza farti ridere dietro dai polli.

Adidas-Nike-Asics

2/ CAN'T STOP THE MUSIC, GLI AURICOLARI DA RUNNER VERA, PERCHE' NON MI E' PRESA LA SCIMMIA, MA NEANCHE UN PO'.
Quelli che NON scivolano dalle orecchie, che io li ho comprati da Decathlon a ben 14, 99 € e non valgono un calzino fritto, me li perdo sempre. Ma quelli seri costano quanto un cucciolo di foca perciò regalatemeli please.

3/ UN CESTELLO DI COVER IN PAOLO SARPI.
Come al solito al passo coi tempi, mentre la gente si accoltellava in fila per l'Iphone 6, io ho comprato il 5 (usato, per il massimo della poracceria). Gaudio gioia e felicità immensa nel ritrovare un telefono che non sembra andare a manovella e che non mi costi il 30% di batteria per aprire le Mappe, ma il prezzo da pagare è stato l'addio alla mia collezione di cover imbarazzevoli:



Fate un'opera caritatevole e pensateci voi, prima che me ne occupi io e poi ci ritroviamo inondati di brillantini.

Infine ricordate che, se proprio siete a zero, un libro è sempre una buona idea, una trousse di Pupa o un gioiello della Breil sono sempre delle idee di merda!

Buon compleanno Gianni!

Volete un muffin?


sabato 4 ottobre 2014

AMIGURUMI ovvero L'ENNESIMO FALLIMENTO DELLA GIANNI HA UN NOME GIAPPONESE

Ho rallentato il ritmo sincopato delle uscite dei miei post e no, la ragione non è che ho ricominciato a lavorare seriamente, mi sto ancora trastullando in attesa che arrivi la metà di ottobre e la mia vita riprenda il rincuorante tran tran della vita impiegatizia.

La verità è che quando non mi sentite per qualche giorno significa -tremate tremate- che sto architettando una qualche minghiata.

C'era una volta una blogger bravissima* che coniò un termine fantastico per descrivere le sue produzioni, che volevano essere DIY di livello e invece le uscivano sempre un po' sgangherate: erano tutti FAIL-DA-TE, i cugini sfortunati dei tanti talentuosi fai-da-te che impazzano nella blogosfera. 

Io che non ho mai usato le manine per una beata fava tranne che mettermi lo smalto e subito dopo mangiarmi  le pellicine, da un anno quasi mi improvviso creativa: dapprima furono i boshi (dai che ve li ricordate tutti), di cui riempii inermi amici e parenti, poi il raptus distruttivo su un paio di jeans innocenti, per approdare, con il vento della tracotanza in poppa, nella vasta landa delle macchine da cucire (terra per lo più inesplorata).

L'estate mi ha vista impegnata in attività ginniche (ebbene) e tutti quanti credo abbiano tirato un nascosto sospiro di sollievo nell'illusione che la mattana del fai-da-te mi fosse passata.

E INVECE NO!

Tornato l'autunno, mi sono chiesta: con quale attività potrei impiegare le pause tra una tisana e un pisolino sul divano la sera?

Logicamente, il mio nuovo hobby avrebbe dovuto rispondere ai medesimi criteri dei suoi predecessori di cui sopra, e vale a dire:

- stimolare la naturale associazione mentale con circoli di pensionate che organizzano mercatini di       beneficenza;
- produrre una quantità di scarti sufficiente a deturpare mezza casa;
- essere di totale inutilità;
- avere un nome carino.

E fu così che saltarono fuori gli Amigurumi.

Cito da Wikipedia: "Gli amigurumi non hanno un uso pratico; sono creati e collezionati per ragioni estetiche. Caratteristica estetica degli amigurumi è essere kawaii".
Behhh! Posso forse resistere alla tentazione di qualcosa che è kawaii? Ovvio che no.

Con tutta la mia supponenza mi sono diretta a grandi falcate verso la mia merceria di fiducia, ho varcato la porta, forte dei miei progetti di gloria e ho tuonato: "Devo fare gli amirugù. Gli arigumù. Gli ambaribù. Gli stramaledetti animali all'uncinetto perdio!"

Sono tornata a casa armata di uncinetto 3, un'intero RAL 840 di spolette di cotone, tutta la bambagia delle terre di Tara e un libricino di istruzioni per fare dolcetti orribili. A morte i dolcetti, io volevo fare uccellini, gattini, cagnolini, lumachine, topolini e il resto dell'arca.

Ho iniziato con tanto entusiasmo. Madonna che fatica. Andate in palestra voi? Puah. Io per imparare a fare il cerchio magico avrò perso 4 etti. Ma alla fine si sa, la parte più difficile è sempre l'inizio. Poi vado come un treno. Ragazzi, sono lanciatissima. Sforno una coppia di gufi. Meh. Sono un po' strani. Cioè, un po' stortini. Ste perline per gli occhi me li fanno un po' indemoniati. Non sono soddisfatta e allora, seguendo una cristallina logica, penso che il gufo è uno stronzo. Non devo sprecare tempo con questi schemi da principianti, provo qualcosa di più alla mia portata, provo il gattino.

Trovo lo schema su www.creativitàorganizzata.it, è di tale Stipenhaak, una tizia olandese, ed è così:


Carini no? Non sembrano complicati, sono delle palle con le orecchie-una coda-cose. Ce la faccio di sicuro.

Due giorni e parecchi capelli persi più tardi...


Che dire. Sembra un incrocio tra un barbapapà e un birillo coi baffi. Ha le orecchie completamente spanate, diavolo. E in generale ha un'aria così triste, così triste, che non so se mettermi a ridere o lasciarmi spezzare il cuore.

Va beh, ci ritento. Questa volta sarò attenta, maniacale. Conterò tutti i punti. Chiuderò i nodini con erculea potenza. Andrà bene, lo so. Sarà un coniglietto bellissimo, esattamente uguale a quello di Stephanie, Makezine.com:


Non sono adorabili? E alla fine, beh, sono quattro palline. Secondo me ce la faccio.


Credo che la Bestia qui di sopra sia appena scappata dal set de L'Esorcista.

E allora che facciamo, ci arrendiamo? Giammai! C'è ancora troppo spazio vuoto nella vecchia piccola fattoria della Gianni.

Un saluto dallo zoo degli orrori! (Tenente alla larga i vostri bambini)

Che paura!!!

*La blogger bravissima di cui vi dicevo si chiama Valentina, e trovate i suoi fail-da-te che tanto fail non sono sul suo blog che si chiama Plastica, dove purtroppo non scrive più molto spesso perché è passata a parlare di cose serie (leggi modamodamoda ma anche arte e lifestyle) sulla sua nuova pagina Inspire with Grace.







mercoledì 1 ottobre 2014

#FASHION BLOGGERS: TUTTO IL RESTO E' NOIA

Volete saperlo un segreto? Mi stanno andando a noia le fashion bloggers. Non in senso lato, io amo la blogosfera, mi stanno andando a noia le outfit bloggers, e, cosa molto grave, mi stanno andando a noia le mie preferite.
Non certo Andy, questo no, non arriverei a tanto. Lei è The Untouchable, la mia BFF virtuale e può fare qualsiasi trashata che per me rimane assunta nell'olimpo delle superfighe senza ritorno. (Per la cronaca comunque lei di trashate non ne fa, al massimo mette una gonna di paillettes verdi, ma ammetto di averne nell'armadio una di piume rosa, perciò, Andy, chi sono mai io per giudicarti?).
Ma le altre, quelle che seguo dai secoli dei secoli e adesso puh... La mattina Bloglovin mi manda il messaggio e io flaggo il "giàletto" anche se non l'ho letto mai, quel post. Perché? Perché ancora prima di aprirlo, purtroppo so che sarà uguale a quello che ho letto ieri o l'altro ieri o dieci giorni fa. La fantasia ha abbandonato i vostri domini, amiche. Io sbadiglio.

Prendiamo per esempio Tricia. A me piace perché, non sarà la figaggine eterea irraggiungibile di Andy, ma si veste esattamente come vorrei vestirmi io tutti i giorni se solo non avessi l'ansia da cellulite: è carina, femminile, ha outfit semplici che le stanno sempre bene, mi piace un sacco il titolo che ha scelto per il suo blog, ma le foto sono di una vera noia mortale. Ecco una carrellata delle ultime:



Ci vogliamo spostare da quel linoleum Tricia? A Manila ci sarà ben un parco, un cortile, vanno bene anche le rotaie del tram che stanno tanto spopolando qua a Milano! Oppure metti un quadro. Cambia colore alle pareti. Compra un tappeto, una lampada, un vaso di fiori chessò.

Tricia, da ragazza ragionevole qual è, mi ha dato ascolto: è entrata in silenzio stampa qualche settimana quest'estate e poi è tornata con UNA NOVITA'! Una novità ECCEZIONALE! 

La poltrona.



Tricia, il tocco di modernariato è apprezzabile, ma puoi fare di più, credimi.

Altra ex-favorita che mi sta facendo tirare sbadigli su sbadigli è la tamarrona di COTTDS. In realtà non so perché mi piaceva, visto che ha il gusto sopraffino delle quattordicenni che ballavano sulla pista degli autoscontri alle giostre. Ma boh, forse in fondo il mio lato lurker era inconsciamente appagato alla vista di una figa mondiale che si butta via in ankle boots e shorts shreddati. E ancora in ankle boots e shorts shreddati. Poi in shorts shreddati e ankle boots. Poi... basta Cindy, cambio canale.



Last but not least, Barbie Atlantic-Pacific, che mi sta particolarmente simpatica perché è bionda, non si è nemmeno data la pena di comprarsi il dominio e soprattutto non scrive una parola. Il suo blog è un puro blog di outfit -tra l'altro sempre belli- senza solecuoreamore e le boiate a cui ci aveva abituate la Chili lady Alessia. Rimane comunque un quesito irrisolto riguardo alla bionda atlantica ed è: perché mai non si leva neanche per sbaglio quegli occhiali da sole? Cosa sei, Venditti? Sarà strabica oppure avrà un occhio di vetro?


E niente, adesso che ho sparlato abbastanza mi sento più giustificata: ciao, vado a spararmi le pose sul mio pavimento marroncino. 
(because marroncino is the new parquet, cià).
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