giovedì 28 novembre 2013

IO BICICLO: DRAMMI SU DUE RUOTE.

Allora, amici, intanto, diamolo come verità indiscutibile e assodata: a Milano la gente figa vera va in bici. Non in macchina (a meno che non hai il box in San Babila), non a piedi e sicuramente non con i mezzi, che sono il male, soprattutto d’inverno, quando fuori ci sono zero gradi e dentro cinquantadue ma non puoi toglierti il piumino senza prendere a gomitate nello stomaco i vicini di palo e, per esperienza, vi dico che litigare di prima mattina assolutamente non è il modo migliore per affrontare la giornata. E peggio la sera, quando cadi nel tranello dei bus sostitutivi, che per trovare la fermata di solito devi risolvere mezz’ora di indovinelli stradali, e grazie dio che hai messo Mappe nell’iphone, se no chi si salva più nella giungla urbana.

E quindi bici, bici tutta la vita. Che comunque fa anche figo. Uno perché vai a farti l’aperitivo la sera e abiti talmente vicino che ti puoi permettere di tornare a casa in bici, così puoi far credere alla gente che abiti in un posto molto centrale e chic anche se stai a Corvetto o in via dei Transiti (ovviamente non è il mio caso, io sto in un posto moooolto più chic ma non vi dico quale così potete continuare ad immaginarmi in un attico in Corso Venezia con l’ascensore di vetro). E due perché bici fa subito hipster.

E a dirla tutta tre, last but not least, gli uomini in bici sono molto più sexy. Specialmente quelli in completo grigino e cravatta coordinata, con la borsa porta-computer legata nel cestino dietro. Eh, lo so, la mia concezione del sexy forse si discosta leggerissimamente dall’immagine dell’omino-cocacola con la cassa sulle spalle, ma si sa, ognuno ha i suoi feticci.

Il problema in realtà ce l’abbiamo noi, le donne cicliste. Centaure tra le pendolari. Perché agli uomini basta un pantalone con la riga, ma noi, noi abbiamo un intero universo nel nostro guardaroba destinato a rimanere inesplorato, oppure sfoggiato nella passeggiata domenicale, oppure quando proprio nevica e non puoi andare al lavoro in bici senza fratturarti due costole sulla ghiaia sdrucciolevole dei giardini di Palestro.
E sto parlando, ad esempio, delle minigonne. Diavolo, quest’anno a me sarebbe anche tornato il trip della mini. Ne ho comprata una, giusto per provare. Infattibile amici. Neanche con la calza cento denari. Arrivi che hai le chiappe di fuori, però il morale è alle stelle, perché ti hanno fischiato tutti i muratori di tutti i cantieri e tutti i tassisti ti hanno dato la precedenza. Capirai.
E dire che venivo già da un anno di frustrazione, perché l’inverno scorso invece mi era preso il trip delle maxigonne. Soprattutto quelle di veli svolazzanti che si impigliano nella catena che è una bellezza. E io, che faccio tanto la spavalda, la catena non so rimetterla al suo posto. Non sono una donna emancipata e indipendente, ho bisogno di fermare un uomo che me la rimetta. E di solito in queste situazione i fighetti col completo grigio si volatilizzano. Rimane il muratore.
Quindi in pratica, escludendo i tubini che nonvelostoneancheaspiegare, non ci rimangono che le gonne a corolla, e che fortuna averne trovata una che mi piace un sacco a soli setteeurocinquanta eh?

Ma i problemi non finiscono con la morte della gonna, purtroppo. Parliamo del piumino lungo, ad esempio, che sarebbe tanto auspicabile nella fredda stagione, ma che fa l’effetto-tubino: hai le ginocchia con un’autonomia di movimento di mezzo centimetro. Ragazzi, non-si-pedala, è inutile. Quindi ==> bomberino. Un altro pezzo di femminilità sacrificato in nome del biciclo.

La borsa, un dramma. La donna ciclista non sa cosa significhi la parola “bauletto”. La borsa a mano è un antico ricordo di tempi in cui si camminava. Anche la borsa a spalla ormai è una prerogativa della domenica perché purtroppo, ragazzi, le alternative stanno a zero: se pensi di poter mettere la borsa nel cestino, sei una pazza, oppure non sai che mentre sei lì che lo stai pensando ti hanno già scippata, senza che tu abbia avuto il tempo di dire “camera ad aria”.  Quindi ne rimarrà soltanto una, ed è la borsa a tracolla. No way. O, se avete il coraggio, il marsupio. Io ce l’ho.

Vogliamo sprecare due parole anche per quel magico accessorio che sono i guanti? Io ho un grosso deficit, e cioè con i guanti con le dita non riesco a fare nulla, neanche schiacciare un pulsante, figuriamoci manovrare freni o manubri. Non ho sensibilità, amici. Perciò monto allegramente in sella alla mia bici con i miei fantastici guantini fingerless, sfidando il freddo pungente del mattino. E una volta che sei in sella, le mani sono ben lontane dalle tue tasche, e così si arrossano, si screpolano e poi cadono. Cioè, ancora non è successo, ma sono sicura che prima o poi capiterà. Ci perderò qualche falange, in quei giardini a Palestro.

E poiché siamo in tema,  vorrei spendere due parole anche sull’annoso problema del fango (sì, siamo sempre ai giardini). Quando sei a piedi mica ci fai caso, ma le pozzanghere di fango sono in agguato dappertutto. Nel tuo delirio di onnipotenza da ciclismo te ne freghi e passi a velocità pantaniana, salvo arrivare al lavoro che sembri reduce da un rally sul Mottarone.

E infine, il peggio. Esci la mattina che sì, il cielo è un po’ bigio, il Meteo.it dà piogge deboli, ma secondo te regge, vedrai che regge.
Non regge. Smette di reggere proprio quando sei a metà strada, troppo lontana da casa per desistere e piegarti alla soluzione di emergenza della metro e non ancora abbastanza vicina al posto di lavoro per sperare di arrivare in condizioni decenti. Ma noi donne in sella non ci fregate. Noi ci facciamo trovare sempre pronte, e tiriamo fuori dal cilindro la mantellina. Sissignori, senza paura, ma soprattutto, senza vergogna, ci infiliamo nel nostro sacco di tessuto tecnico che non solo ha il cappuccio con la coulisse e le bande catarifrangenti sulla schiena, ma è anche rosso gabibbo. La fine della decenza. La morte del buongusto. Col nostro sex appeal sotto le ruote, ci trasciniamo al lavoro sotto le intemperie e sì, in quei momenti di debolezza, ci viene da chiederci chicazzomel’hafattofare o anche dioperchèmipunisci e in alcuni casi perfino aiutovogliolamamma. Ma ne veniamo fuori. Sissignori, ne veniamo fuori, bagnate dal ginocchio in giù, con i capelli a spinacio e il trucco da Pierrot, ma con l’orgoglio intatto. Perché tanto, come disse una che ne sapeva, domani è un altro giorno, e magari ci sarà il sole. E allora vi sfrecceremo davanti e, mentre voi sciuperete la suole delle vostre scarpe nuove di pacca sull’asfalto, vi guarderemo pietosamente dall’alto delle nostre due ruote e vi faremo ciao con la mano.

4 commenti:

  1. Fantastico, ma .... vogliamo la foto con la mantellina!!!!

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  2. Risposte
    1. Grazie Pelliccia,ma vorrei disperdere ogni dubbio...il figaccione con completo grigio NON sei tu!:PPP

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